martedì 8 ottobre 2013

Intervista a chi ce l'ha fatta

Elisa Mencacci, oltre che un'amica, è anche una psicologa riuscita non solo a trovare un impiego attinente al proprio percorso di studi, ma anche ad aprire un progetto di cui è presidente. Ho voluto porle alcune domande sulla sua formazione, sulla sua professione e la sua esperienza. 





Innanzitutto complimenti: di questi tempi ci vuole coraggio ad aprire un progetto di stampo psicologico con poche risorse a disposizione. Ma in particolare di cosa ti occupi?
Grazie! I progetti che ho avviato sono molteplici, ma quello che sicuramente mi ha permesso di confrontarmi “direttamente” con vari aspetti della professione “Psicologo a 360 gradi” è stato l’avvio e lo sviluppo di Amcn Onlus, un’Associazione di Psicologi Professionisti di cui sono, con orgoglio da quasi un anno, Presidente.
L’associazione rappresenta una vera novità ed è caratterizzata da forte specializzazione, in quanto si occupa di cure palliative ed accompagnamento psicologico alla malattia cronica neurodegenerativa, un tema ancora poco trattato in Italia. Ci occupiamo quindi di fine vita, malattie terminali e croniche, lutto anticipatorio e lutto “classico”, cure palliative per non oncologici..di psicotanatologia, di morte e di morire, non solo per i malati ma per tutti coloro che ci hanno a che fare (familiari, caregivers, operatori, volontari, ecc.). Partendo da tutto questo, quello di cui mi occupo personalmente, come dicevo, concerne aspetti strettamente psicologici e clinici quali consulenza psicologica, gruppi di sostegno, gruppi di auto mutuo aiuto, ma anche di conferenze e convegni, formazione, progettazione, ricerca. In quanto Presidente poi, mi occupo anche di quello che riguarda la comunicazione, la raccolta fondi, il marketing e la pubblicità, le relazioni e le collaborazioni con professionisti, con enti pubblici e privati, insomma..aspetti complessi e nuovi, di cui prima della laurea non sapevo granché!

Qual è l’aspetto della tua formazione che più si è rivelato prezioso per il tuo ruolo da professionista?
Sicuramente una base clinica è stata fondamentale ma, per quello che faccio adesso, l’aspetto più importante è stato sicuramente il saper fare e sviluppare progetti, cosa che, purtroppo, ho imparato solo nel post-lauream.

Quali sono le difficoltà maggiori che incontri nella quotidianità professionale?
Le difficoltà sono innanzitutto culturali: le persone fanno fatica a “capire” di cosa ci occupiamo, in primis come psicologi, poi come esperti e professionisti nell’ambito della psicotanatologia e delle cure palliative. C’è molta resistenza ed ignoranza, poca informazione, un gran lavoro da fare per sensibilizzare e promuovere costantemente la mia professionalità. Dopo, sicuramente la mancanza di fondi e di impegni economici necessari da parte degli enti in questo settore e,più in generale, nel sociale. 

Quanto secondo te una laurea in psicologia è spendibile all’interno del mercato del lavoro? E se ci sono delle difficoltà, quali sono?
A mio personale avviso, a differenza di quanto si possa pensare, la laurea in psicologia, oggi, può ed è spendibile. I bisogni ed i contesti di intervento sono molteplici, ed uno psicologo può davvero fare molto. Le difficoltà credo che siano nella mancanza di informazione e formazione del giovane neolaureato, il quale pensa che ci sia solo “psicoterapia” e lavoro individuale di tipo “competitivo”. In realtà, collaborando tra di noi e con gli altri professionisti, aprendocii ad aspetti diversi e trasversali del nostro ruolo, progettando ed essendo creativi, ci sono davvero tante prospettive interessanti!
Come percepiscono il ruolo dello psicologo gli utenti con cui hai a che fare?
Bhè, come ti dicevo ci sono grandi barriere da superare, soprattutto di tipo culturale. Si pensa che gli utenti sappiano cosa sia uno psicologo ma in realtà c’è molta confusione, fattore che tende ad allontanarli e a lasciar lontani da noi tutti coloro che ancora vedono lo psicologo come colui che “ cura le malattie della mente”. Hanno timore di sentirsi “malati”, o addirittura pensano che gli darai qualche medicina. Gli utenti spesso hanno solo bisogno di chiarezza e informazioni, ma questo presuppone che lo stesso professionista abbia chiaro cosa sia, cosa possa e non possa fare, quali sono i suoi ambiti e competenze specifiche. Spesso, sono gli stessi psicologi ad essere confusi!

L’assetto formativo universitario attuale garantisce una preparazione completa? Se no, in quali aspetti ritieni che dovrebbe essere modificato?
Decisamente no! Mancano degli aspetti “applicativi” fondamentali che, qualora vengano trattati, rimangono vincolati all’aspetto teorico e non contestualizzati. Tra gli aspetti da modificare, certamente la parte sulla progettazione sociale, sulla comunicazione e sulla gestione del gruppo di lavoro, sugli aspetti fiscali ed economici, sul marketing e l’autopromozione, sulla consulenza applicata ai vari settori e con i nuovi media, sulla psicologia applicata a tutto tondo, in particolar modo lo sviluppo di progettualità con gli altri professionisti socio-sanitari e non, la valutazione e gli strumenti di progettualità, la progettualità europea e le collaborazioni con enti. Per questi ultimi aspetti, sarebbe auspicabile introdurre stage obbligatori in azienda, o all’estero o con professionisti di settore.

Emergono sempre più opinioni contrastanti sulla direzione che la professione di psicologo sta prendendo. Molti la danno per spacciata, perché mal integrata con il mercato del lavoro, altri non ritengono ci siano particolari criticità nello stato attuale delle cose. Tu cosa pensi?
Come accennavo prima, il mercato del lavoro c’è ed è ricco di prospettive interessanti per la nostra professione ma il problema è innanzitutto formativo. Se almeno l’Università riuscisse a trasmettere la trasversalità e l’applicabilità delle nostre competenze, questo sarebbe molto più facile.
Ritengo che il cambiamento sia da promuovere nello Psicologo in primis, il quale deve riuscire a comprendere che i tempi presuppongono un ridimensionamento del nostro ruolo. Non c’è più lo psicologo-psicoterapeuta che sta in studio ad aspettare il cliente. Adesso è lo psicologo ad “andare verso” il cliente potenziale, che deve proporre, creare, progettare, sviluppare nuove idee, fare rete, promuovere competenze, andare concretamente dove c’è bisogno: assistenziale ma anche formativo, di consulenza, di ricerca, di tipo progettuale, imprenditoriale, culturale.
La nostra professione è complessa e presuppone solide basi formative, capacità e competenze relazionali ma anche specialistiche di settore e,soprattutto, tanta determinazione. Oggi più che mai è difficile, ma con forza e competenza si può fare molto. Occorre prima di tutto studiare, conoscere, sapere. Ma non con master, scuole di specializzazione o almeno non solo con quelli: studiare ogni giorno, aggiornarsi e informarsi, comunicare tra professionisti. Il sapere e d il saper fare, come bene sappiamo, sono il coronamento al saper essere che è indispensabile per essere un buon professionista.
Per farlo, occorre prima di tutto credere in stessi, in quello che si fa ed in quello che siamo.

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