venerdì 26 aprile 2013

Che cos'è Pallone, quindi, cosa non è Calcio.

Giocare a pallone NON è giocare a calcio. Descrivendo l'atto di giocare a pallone si usa la semplice forma "a pallone...", così come segue.
A pallone la palla è sgonfia e spesso manca qualche toppa.
A pallone si può giocare ovunque e su qualunque superficie.
A pallone si gioca con ogni abbigliamento possibile, ma il più indicato solitamente è jeans e maglietta.
Giocare a pallone non è solo una squadra contro l'altra, ma è anche: passaggi e tiri in porta, tedesca, torello, ecc.
A pallone non ci sono arbitri; se proprio ci devono essere sono persone infortunate, malate o vestite troppo bene per richiare di sporcarsi.
A pallone non ci sono confini: se si gioca in spiaggia la palla è buona anche quando va in acqua e se su gioca in montagna la palla è buona anche quando minaccia di arrivare fino a valle.
A pallone il portiere è rigorosamente volante e casuale.
A pallone ci sono spesso solo i pali, quasi mai le traverse. A volte i pali sono scarpe o ciabatte; quando va peggio sono auto parcheggiate o garage. 
Se la palla colpisce qualcosa di fragile o qualcuno facilmente irritabile si scappa tutti, nessuno escluso.
A pallone non ci sono arbitri. 
Se qualcuno tira il pallone sul tetto o su un albero, ci va.
A pallone il gesto atletico più ambito è la rovesciata; per questo la si tenta sempre, anche da distanza siderale.
A pallone si esulta in maniera esagerata per tutti i gol. Tutti! Anche il gol del 30 a 12.
A pallone le pause sono scandite: dalla merenda, dalla fatica, dalla pioggia (non sempre) e  dal passaggio di un auto.
La critica che più spesso viene fatta ai giocatori di pallone è "ci sono i campi sportivi apposta, perché giocate qui?"; di solito non si risponde, ma se proprio si vuol dir qualcosa basta ricordare che se fosse un campo sportivo non sarebbe più Pallone, ma sarebbe Calcio.
La partita a Pallone finisce quando chi lo ha portato deve andare via; tutti ringraziano, ci si saluta e ci si promette di comprarlo per la prossima volta.
Questo è Pallone, tutto il resto è calcio.







 












 





venerdì 19 aprile 2013

"Che cazzo ridi?"

rocco siffredi risate in parlamento elezione presidente della repubblica

Dedicato al qualunquista che è in me.
Spero non diventi un vizio.
Ho odiato profondamente le risate dei parlamentari ai nomi assurdi che sfilavano nelle votazioni all'elezione del Presidente della Repubblica. Da Rocco Siffredi a Valeria Marini a Fiorello.
Una cosa: "ma che cazzo ridi?"
Fatemi capire, nel bel mezzo di una crisi politica diffusa e difficilmente risolvibile, trovate il tempo di ridere dello scherno nel momento dell'elezione del Capo dello Stato?
Per la serie: chi l'ha scritto è un idiota. Chi c'ha riso sopra, anche peggio.
Sarebbe bello se il circo mediatico si indignasse un po' di fronte a questi atteggiamenti, anche perché perde già troppo tempo, poverino, a cercare di capirci qualcosa.
Ci avete confuso il cervello, ma soprattutto frantumato le palle con le strategie stupide, gli abbracci improbabili e le mortadelle affettate. Sembra più il picnic del 25 aprile, quando finito il pranzo si decide chi deve tenere la bandierina. Il problema è che quello è un gioco, e se si perde, si perde per finta. Qui non solo si perde per davvero, qui se si perde... No. Qui abbiamo già perso troppe volte.


martedì 16 aprile 2013

Il torrettiano medio non esiste (da Brainstorming n.1 - Aprile 2013)



torretta scuola di psicologia di firenze
Il pendolare, il fuori-sede e il fiorentino.
In Torretta, il pendolare arriva o mezz’ora prima o mezz’ora dopo l’inizio della lezione, dipende dagli orari dei treni e dagli scioperi. Solitamente si porta una ciotolina con dell’insalata, mais e dei crackers di accompagnamento. Il caffè alle macchinette lo prende normale ed è l’unico acquisto che fa dalla bella zona di ristorazione. Va al bagno prima dell’inizio della lezione e subito dopo. Chiede sempre l’ora prima di andare via per fare il calcolo dei minuti che mancano al treno che lo riporterà a casa.
Il fiorentino generalmente segue poco le lezioni. Arriva esattamente quando il professore inizia a spiegare e torna a mangiare a casa. Non ha mai preso nulla dalle macchinette e non si porta nulla da casa. Dà consigli ai fuori-sede sui migliori locali in cui fare serata.
Il fuori-sede vorrebbe venire a lezione, ma arriva sempre in ritardo e ciò dipende da diversi motivi: ha fatto serata, ha litigato con i coinquilini, non è ancora pratico con gli autobus. Ma il più delle volte ha fatto serata il giorno prima. Solitamente si prende un panino al vicino alimentari, va a mensa oppure mangia schifezze alle macchinette per risparmiare.
Il pendolare e il fiorentino sono sempre vestiti decentemente e puliti, i fuori-sede fin quando non finiscono i panni puliti portati da casa nel week-end, dopodiché cambiano felpa e jeans con meno frequenza fin quando non sono costretti ad andare da Ciao-Ciao e rifarsi l’armadio per arrivare al venerdì. I più fortunati hanno una lavatrice, i più volenterosi vanno alle lavatrici automatiche, tutti gli altri rimettono la felpa e il jeans sporco.
Il pendolare solitamente non fa politica universitaria perché c’ha già i problemi suoi e tutti i pomeriggi ha judo. Il fiorentino e il fuori-sede sono attivi politicamente, ma solo quando c’è qualcosa di catastrofico nell’aria.
Non importa che tu sia un pendolare, un fuori-sede o un fiorentino; l’importante è che tu chieda sempre “qualcuno vuole qualcosa dalle macchinette?”.

sabato 13 aprile 2013

Il bagaglio dietro le spalle (da L'Atipico Marzo-Aprile 2013)



Si può vivere come se non ci fosse mai stato ieri?
No. Si può vivere come se non ci fosse un domani, certo. Oppure vivere come se ci fosse solo il domani. Ma non si può e non si deve vivere senza fare i conti con ieri. Ieri ci permette l’adattamento, ci ha permesso nel lungo tempo un evoluzione e ogni giorno ci permette l’apprendimento. Ieri è dentro di noi, nell’ippocampo precisamente, perché ieri è memoria. Ovviamente con ieri si intende anche l’altro ieri e l’altro ieri ancora e così via fino ad arrivare al momento in cui ieri non c’era, c’era un oggi e un domani.
Alcuni giovani di fronte all’espressione “ieri e oggi” storcono la bocca, altri invece, i nostalgici, si accendono e mostrano i loro vari espedienti con i quali tentano di far tornare il loro ieri preferito, con l’abbigliamento, la musica, il linguaggio e soprattutto con il pensiero, perché si è nostalgici prima di tutto di un’idea.
Per alcuni le cose più belle sono quelle che si tramandano dall’oggi al domani, quindi da ieri a oggi, perché sono quelle che Darwin definirebbe vincenti, capaci di adattarsi all’ambiente. Ma è anche vero che non tutte le cose hanno la capacità di cambiare nel tempo, e dunque com’è che si tramandano? La risposta sta nella domanda, qualcuno le tramanda. Quindi non sono le cose ad adattarsi all’ambiente, ma è l’uomo che si adatta alla cosa. Gli usi e costumi insomma, la lingua, la religione e tutto ciò che un popolo si porta dietro, non a caso si dice bagaglio culturale.
Le nostre energie sono sempre dirette all’oggi e al domani, come in un tentativo di scappare da ieri; mettiamoci nell’ordine di idee che scappare è inutile per due motivi: il primo è che ieri ci è amico, il secondo è che ieri ha già vinto!

lunedì 8 aprile 2013

L'amore ai tempi dell'Hashtag

cos'è l'hashtag













La punteggiatura se ne va a puttane con l'avvento dell'Hashtag. Considerato da sempre un semplice cancelletto, tanto che qualcuno faceva confusione con l'asterisco, oggi # lo si mette ovunque.

#sei #il #solito #vecchio #resistente #al #cambiamento

Ora, vecchio non credo, magari per gli adolescenti si ecco, ma francamente non ho mai messo in dubbio la mia giovinezza. Resistente al cambiamento, dipende. Sai, del cambiamento pensano tutti che sia portatore di cose buone, ma mica sempre è così.

#vedi #come #sei #resistente #al #nuovo.

Mabbasta! Piuttosto, spiegami un po' come funziona questo Astar.

#Hashtag

Scusa. Hashtag.

#in #pratica #su #twitter #se #metti #davanti #ad #una #parola #l' #hashtag #il #tuo #twit #si #aggiunge #alla  #discussione #su #quell' #argomento.

Tipo?

#tipo: #se #scrivo #grillo, #il #mio #twit #si #aggiunge #algi #altri #che #riguardano #grillo.

Ahh. Ho capito, è come un'etichetta!

#esatto

Ma quindi tutti gli argomenti hanno un Hashtag?

#in #che #senso?

Beh, ci sarà un controllo! Non è che si deve parlare proprio di tutto! Qualche argomento inutile come il tempo, Paris Hilton, la psicologia del traffico, i film di e con Salemme...

#no! #tutti #gli #argomenti #hanno #un #hashtag. #qualunque #cosa #di #cui #si #possa #parlare #ha #un #hashtag.

Anche la psicologia del traffico?

#anche #quella.

Quindi l'hashtag è #democratico?

#si, #ma #non #si #fa #così.
#hashtagdemocratico
#così #va #bene.

E perché #democratico da solo no?

#perchè #non #ci #sono #discussioni #sulla #parola #democratico

E perchè?

#perché #di #democratico #c' #è #solo #l' #hashtag.







venerdì 5 aprile 2013

Grillo e le gite fuoriporta

Oggi i parlamentari del M5s sono stati convocati per una tirata d'orecchi, anzi "per due carezze". Una gita fuoriporta, per riportare gli uomini nei binari giusti. Quindi di buon mattino sono tutti saliti sui pullman che li avrebbero portati ad una destinazione a loro ignota, nota solo agli autisti e i giornalisti all'inseguimento dei mezzi che portavano gli uomini del boss al macello. I motivi della riunione sarebbero legati alla disponibilità vociferata negli ultimi giorni dei grillini a confrontarsi con il Pd, non andata affatto a genio e subito smentita da Grillo nel suo blog. La fronda dev'essere potata, all'istante.
Me li immagino, tutti mesti mesti, come gli scolari che sanno di non aver fatto bene i compiti delle vacanze pasquali e che si aspettano la strigliata dalla maestra vecchia, zitella e con il naso bitorsoluto. Il paragone sembra azzeccato,ma parliamo di gruppi diversi: la maestra cattiva e gli scolari fanno riferimento ad un'istituzione gerarchica, mentre il M5s ha avuto sempre "Uno vale uno" come motto e come principio. Dunque? E' sbagliato il paragone? O (come diceva qualche giornalista già qualche settimana fa) uno vale uno, ma alcuni sono più uni degli altri?
La questione puzza e a tapparsi il naso sono per primi gli elettori del M5s. La questione puzza e scredita il taglio democratico che Grillo aveva imposto al movimento già prima dello Tsunami Tour e scredita le possibilità di collaborazione con le altre forze politiche, fermo restando l'atteggiamento remissivo e passivo dei neoeletti cinque stelle e il bastone levato del leader, anzi del portavoce. Io non vorrei, ma soprattutto non lo vorrebbero i suoi elettori, che il movimento di Grillo da onda di cambiamento si trasformi in pozza stagnante e puzzolente in cui ogni tentativo di costruire un governo (pensandola in grande) e ogni proposta di legge (pensandola un po' meno in grande) si impantani smuovendo l'acqua putrida solo con gli insulti da un blog.
L'altra questione che puzza è quella che riguarda da vicino le persone coinvolte nella questione, ovvero i poveri neoeletti parlamentari 5 stelle: carne con gli occhi (direbbero i Marta sui Tubi), visto che le decisioni le prende il portavoce, che essendo portavoce, è anche quello che le decisioni le comunica. Eletti e bastonati insomma, rappresentanti che non rappresentano, non per incompetenza, ma per ordini dall'alto. Cambia insomma la causa, ma il risultato non cambia da quello pre-Tsunami e pre-elezioni. E' questo il cambiamento tanto sventolato? Vi prego, facciamo in modo di non arrivare a dire ancora una volta "si stava meglio quando si stava peggio", non lo sopporterei.

mercoledì 3 aprile 2013

Psicologo 2.0, lo strizzacervelli in un clic

Lo psicologo in web. Questa è l'ultima trovata di un gruppo di giovani psicologi italiani, tutti di età intorno ai trentacinque anni. In realtà non è un'esclusiva italiana, anzi; negli Usa già da qualche anno si è arrivati addirittura alla psicoterapia in rete, attraverso alcuni portali come Breaktrought.com o Therapi.com. In Italia al momento è legale solo la consulenza psicologica e non psicoterapica.
Attraverso Skype e Facebook, gli utenti hanno la possibilità di contattare un professionista della salute mentale; il consulto su Facebook è gratuito, mentre su Skype si risparmia il 30% rispetto ad una visita in studio vis-a-vis. Gli ideatori del metodo Psicologo 2.0 affermano che il numero delle persone che hanno chiesto un consulto psicologico tramite facebook è triplicato dal 2011 al 2012; colpa anche della crisi, dicono, e tra le problematiche maggiormente affrontate ci sarebbero ansia, depressione, problemi di coppia e familiari.
L'Ordine nazionale degli psicologi si è limitato a dire "vabbene, ma siate prudenti", l'Ordine del Lazio ha praticamente proibito il metodo, mentre l'Ordine della Lombardia si starebbe muovendo verso la istituzionalizzazione, o quanto meno verso la regolamentazione del servizio Psicologo 2.0.

Sono diverse le considerazioni che si possono fare a riguardo. Innanzitutto, la questione deontologica: nel 1997 non esisteva nè Facebook, nè Skype, il che si traduce in un'assenza di una regolamentazione del metodo descritto. Ma prima ancora bisogna porsi una domanda: il metodo Psicologo 2.0 espone a maggiori rischi di incorrere in comportamenti deontologicamente e eticamente pericolosi rispetto alla relazione vis-a-vis?
La professione quindi effettivamente muoversi verso i contesti odierni, dominati dal web e dall'esigenza del servizio immediato, ma a quale prezzo?
Di nuovo ci ritroviamo a far appello alla scìenza, ma soprattutto alla coscienza del professionista ed è innegabile che già con il metodo tradizionale qualcuno abbia tentato qualche furbata. Attraverso questo metodo, condotte di questo tipo possono essere soggetto ad aumento? Ne sappiamo ancora troppo poco.
Personalmente non ho mai amato i servizi sulla salute mentale spiattellati sul web, tipo "otto step per combattere l'ansia", "diventare bravi genitori" o simili, ma negare l'importanza del web e della sua portata comunicativa sarebbe comunque un errore. Quindi, che fare?
Certo, se l'utenza fosse messa in guardia di fronte ai furbetti e ai tipici atteggiamenti da ciarlatani la cosa risulterebbe più semplice, ma se dobbiamo fare i conti con i dati reali siamo obbligati a riconoscere che per il momento non è così e che la cultura della salute mentale non è ancora abbastanza integrata con i canoni della società. Insomma, abbiamo per le mani una specie di lampada di aladino, in grado di ampliare l'utenza che usufruisce dei servizi di salute mentale, ma che può esploderci in mano se strofinata nel modo sbagliato.
Certo è che un'integrazione con il contesto in cui viviamo è quanto meno necessaria, e purtroppo, le basi istituzionali della disciplina tendono a contrastarla (prova ne è la menzionata assenza di una regolamentazione sulla questione sul codice deontologico e tanto meno nella legge 56/89); sarebbe quindi auspicabile un dibattito scientifico, politico e soprattutto etico sulla questione, che nel giro di pochi anni rischia di sfuggirci di mano se non regolamentata.


E voi cosa ne pensate?