mercoledì 30 luglio 2014

Gli psicologi e l'ossessione del numero chiuso


Non è un disturbo. E' più un languorino. 
Gli psicologi sono ossessionati dal numero programmato dei corsi di laurea universitari delle facoltà (scuole) di psicologia, nel senso che lo sventolano come una delle poche soluzioni in grado di arginare le difficoltà che soprattutto i giovani professionisti psi incontrano nell'ingresso/non ingresso nel mondo del lavoro. Come tutte le ossessioni che si rispettino, vi è anche la specifica compulsione, ovvero fare qualcosa per ridurre quest'ansia dovuta al siamo troppi, che colpisce per lo più quelli che si candidano a posizioni esecutive professionali, dunque consiglieri degli ordini professionali, regionali e nazionale (fortunatamente non proprio tutti tutti). 

Basta leggere le linee programmatiche del nuovo Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, fresco fresco di rinnovamento dopo l'elezione del neo presidente Giardina

D’intesa con la Conferenza della Psicologia Accademica (CPA) e con l’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), appare quanto mai opportuno concertare con le Università la programmazione degli accessi ai corsi di laurea in psicologia, favorendo un ritorno in tempi brevi al corso di laurea quinquennale, con il superamento della laurea in scienze e tecniche psicologiche.
Che più o meno significa, mettiamoci d'accordo per quanti studenti possono essere ammessi ai corsi di laurea, così torniamo alla laurea quinquennale ed eliminiamo il 3+2.
Fatico a trovare il nesso causale tra metodo e finalità, ma anche ve ne fosse uno, non prendiamoci in giro: non è la prima volta questa in cui si leggono linee programmatiche orientate alla riformulazione del numero programmato. Qua e là, sono tante le liste che all'ultimo turno elettorale di dicembre/gennaio hanno presentato compulsivamente la volontà di ridurre gli accessi ai corsi universitari. 

Ho sempre sostenuto che l'integrazione tra formazione e professione sia un requisito imprescindibile alla costruzione del bravo psicologo, essenzialmente, se non solamente, in termini di competenze. Ma quando la professione entra in scivolata sul diritto allo studio, non posso far altro che ricordarmi di che categoria disgraziata sono gli psicologi. 

Integrazione non significa certo sopraffazione: non è con i vincoli imposti da chi fa già quel mestiere che si costruisce un percorso formativo di qualità. Anche perché, a dirla tutta, i corsi di laurea in psicologia hanno già il numero programmato e di fatto già ministero e ANVUR pensano a distruggerlo quel diritto allo studio. Non vorremmo incontrare altri nemici addirittura in casa nostra, passatemi la formula. Se non me la volete far passare, rispondo che sì, è casa nostra, perché l'ordine professionale un giorno vedrà anche l'iscrizione di questi malcapitati studenti di psicologia. 

Insomma, potremmo assistere nei prossimi quattro anni alle visite di Presidenti e Consiglieri nelle nostre Scuole, che da una parte sono una manna dal cielo, dall'altra, non vorrei che la visita fosse atto di cortesia per dirci che è loro intenzione insistere per chiudere ancor più il numero chiuso. 
Ecco, siccome non ci siete mai venuti in mezzo ai banchi delle università, cercate adesso di venirci con qualcosa di meglio. 

Anche questa cosa del siamo troppi, dentro e fuori dall'università la sopporto poco. Il recente rapporto del CNOP sulla qualità della formazione in psicologia, ci dice che ad ottobre del 2013 gli iscritti all'Albo A in Italia sono 89.190. Sessanta milioni fratto 60.000 fa circa 666 (hell yeah). Quindi uno psicologo ogni 666 persone. 
Sono troppi? O sono troppo pochi?
Se si pensa solo alla psicologia clinica, quella che interviene in ambito sanitario, del sostegno, del counseling, forse siamo giusti giusti. Ma forse no. 
Se poi aggiungiamo che non esiste solo quella, ma che anzi, siamo assai galvanizzati dall'idea che possiamo fare tutto, ovvero intervenire in ogni ambito della vita umana, beh forse siamo troppo pochi davvero.
Dicono: si, ma se siete troppi all'università, imparate meno e male. E allora andate dal Ministro e ditele che non si può limitare l'accesso per scarsità di risorse, perché è infangare un diritto e che si impegni a stanziare più fondi, per la docenza, gli spazi, i tirocini eccetera. Anche basta di prendersela con gli studenti per risolvere i loro problemi. Ogni tanto una visitina alla mammina facciamola. 

Allora la colpa della crisi professionale dello psicologo, delle difficoltà dei giovani psicologi, dei risicati posti per psicologo nelle strutture pubbliche, della mancanza di domanda di fronte alla eccessiva offerta, è di quanti studenti entrano all'università? Ah ok, nel senso che forse potrebbero essere di più? 

Leggetevelo quel rapporto, per intero QUI. E facilmente noterete l'incongruenza tra il problema e la soluzione sventolata, che altro non può che essere figlia di un'ossessione, o comunque di un certo languorino. 





venerdì 11 luglio 2014

La Geist e la Cabeça


Il 7 a 1 della semifinale mondiale tra Germania e Brasile, nonostante gli estremi tecnicismi, le scarpe di colori diversi, gli schemi, le fasce, il dai-e-vai e il 4-4-2, ci dice quanto la Testa sia in grado di far finire una semifinale mondiale come una partita arrabattata tra scapoli ammogliati al campino del prete
Da una parte i tedeschi, che nella Geist altro non avevano che il pallone, la geometria e il dovere di rimanere ognuno al suo posto. Oltre l'erba nessuno, nemmeno sessantamila brasiliani che cantano l'inno a cappella. Solo il pallone nella Geist e vedrai che la Cabeça dei giallo-oro cede.
E infatti. Mentre i crucchi pensavano alle geometrie, i brasiliani pensavano a quanto mondo li stesse a guardare; ma non un mondo qualsiasi, il loro. Il mondiale dei mondiali. Se non lo vinci, non sei nessuno. E devi farlo, perché fuori casa è permessa la sconfitta, ma non nella propria terra, guai. Non ci pensar nemmeno.
Giorni prima dell'incontro uscì la notizia che vedeva la squadra brasiliana accompagnata da una psicologa, perché i giocatori piangono in continuazione. La pressione è troppo forte, l'aspettativa è un macigno sulle spalle di tutti e si è soli, dentro la propria Capeça a dover fare i conti con tutto il resto.
Un parassita che sta aspettando il momento migliore per diventare un demone e farti crollare sotto il peso di tutta quella pressione. L'animaletto intravede Muller solo in area di rigore, lo guarda segnare con il piattone e se ne esce allo scoperto. Di lì in poi è il padrone della scena, insieme ai crucchi.

Il gol di Muller è stato il tocco al primo tassello del domino. L'aspettativa diventa paura (di non realizzarla). La paura diventa fatica. La fatica diventa umiliazione. 7 a 1. Vincono quelli con la Geist in testa, non quelli con la Cabeça. Non quelli incapaci di liberarsi dei bozzoli di demone. Ma d'altra parte, chi ci riesce? I campioni, certamente. 
Una squadra troppo vanitosa, troppo brasiliana
Cantava la Bandabardò. Si, forse uno dei peggiori Brasile che io abbia mai visto, da quando sono abbastanza grande per guardare il mondiale di calcio e ricordarmelo, ma non certo così scarso da non saper almeno tentare di giocarsela con i tedeschi. Come sarebbe dovuta finire allora Argentina - Iran? 
Quella partita ci ha ricordato che la testa, vale più di ogni altra cosa, in ogni cosa. 
Una notizia che dovrebbe rallegrare gli psicologi: se Brasile - Germania diventa Vigo di Fassa - Real Madrid, solo per una questione di Cabeça, quanto potremmo essere utili? Non certo a mondiale iniziato (e psicologicamente finito), ma forse un intervento anticipato di quella psicologa, male non avrebbe fatto.



martedì 8 luglio 2014

Strali di lavatrice



NOTTE TRA IL 1° E IL 2 LUGLIO 2014

È strana la sensazione di quando scrivi con le mani umide da lavandaio. Tremano i polsi di una situazione risolta che ha il tanfo dell'emergenza superata. Le stesse braccia hanno il sapore del sudore e i fremiti di una notte stanca ma senza riposo.

È stata una giornata molto positiva, sono riuscito a rintracciare appunti che mi erano necessari allo studio, avviato le procedure per un tirocinio in dipartimento, ho risolto in modo un po' onirico un algoritmo di calcolo, siamo riusciti a implementarlo al meglio delle nostre possibilità. Una piccola gioia che d'un tratto ti fa dimenticare di essere in un mondo di sfruttati e sfruttatori e se c'è qualcuno che sta peggio di te irrimediabilmente una parte di responsabilità pure ce l'hai...
Poi ti trovi quell'incidente che non ti aspetti e che ti invita a superare un brutto vizio. La lavatrice è simbolo dall'emancipazione dei costrutti domestici, ma...
Sembrano MORTI quei panni oltre l'oblò.
CAPI NERI che hanno trascorso rinchiusi una giornata spenta.
Una GRIGIA MELMA LACUSTRE permea i panni che galleggiano...
Qualcosa è andato storto. Avevo acceso la macchina stamane e ora la trovo. Allagata.

--- Guarda, preferisco un lupo di stenti che un cane alle catene. Non prendo un centesimo dai miei e sai che litigate quando insistono a darti qualcosa. L'emancipazione è una sensazione che non ha eguali, che se non vuoi comprometterla faresti bene a stare lontana dal dono che non ti manca. Guarda, preferisco al cane alle catene il lupo di stenti. ---

Ho preso la peste di vesti e l'ho versata nella bacinella.
Ho travasato in un'altra il lagno della macchina con un bicchiere che non viene usato da anni, se non per quelle cose che solo a pensarci mi sale lo sputo.
All'inizio ne riempio fino all'orlo, poi pian piano mal riesco a colmare questo bicchiere, e pure pescare in orizzontale dopo un po' già non aiuta, ma nemmeno girare la ruota e cadere l'acqua nel crogiolo improvvisato mi appaga.
È quella situazione in cui hai fatto il tuo novanta percento ma spendi il novanta percento del tempo per concludere il dieci percento che ti rimane.

--- Voglio andare all'estero. - Ma hai già visto se in Italia qualcosa ti soddisfa? - So già che non mi soddisfa, è una presunzione necessaria nel mio settore. ---

Non è ancora finita.
Lo spettacolo pietoso dell'avvitamento degli indumenti per estrarre quanta più acqua putrida mi fa pensare che sarà improbabile averli asciutti e lindi per i prossimi giorni. Il brodo schiumoso in cui erano immersi mi nausea ancora le mani.
Dai calzini patologicamente spaiati alle mutande con le scritte ovvie (“UOMO”, qualora disgraziatamente me ne dimenticassi), dai tipici pantaloni invernali anti-zanzare a quella camicia - a cui tagliai il collo che stinse - che prima d'ora non avevo visto così bordò, così sangue rappreso.
Pressa.
Arrotola.
Stringi e stendi.
Beve la vasca un fiume oscuro.

--- Hai sentito la roba da pazzi? Aumentano i costi dei corsi di lingua, come se non costassero così tanto... da pensare di azzerarli. Questo presidente Segreto (si chiama così, non posso farci niente) ha intercettato tutti i soggetti decisionali e li ha piegati ai suoi progetti. Sappiamo di una telefonata sottobanco al rampollo del PD sardo che siede in consiglio di amministrazione, anche lui si spenderà a favore dell'operazione. ---

Forse è meglio che prenda il mozzo e secchi questo lago in pavimento. Più tardi altrimenti chi si alza per la colazione avrà i piedi tutti mezzi.

--- Lo stesso mi disse, dalla piena della sua magniloquenza, che non c'era bisogno di rimborsare a chi ha zero quelle tasse che ingiustamente paga (pure se vivi di stenti i centoni li cacci) e che se non puoi pagare c'è la borsa di studio.
Già, la borsa di studio...
Non è bastato ricordargli che pure chi ce l'ha vive di privazioni e arranca ogni fine mese per campare e ogni fine anno per racimolare ossessivamente i crediti previsti. Come se qualche esame in più o qualche esame in meno fa di te più o meno “meritevole” o più o meno degno di proseguire gli studi senza essere spedito a calci fuori di qui. Secondo il rampollo del PD che siede in consiglio di amministrazione quei trecentocinquanta euro di tasse te li meriti tutti.
Tanto più i cani sono abituati al guinzaglio, tanto più ringhiano contro lupi indifesi. La lotta di classe la stanno vincendo loro, sarebbe l'ora di svegliarsi. ---

È l'alba. La saliva suggerisce il vomito e le dita rugose un sole. Meglio che indossi una maglietta bianca.