domenica 30 giugno 2013

L'ingrediente segreto della Coca-Cola

E' di qualche ora la notizia che ha fatto luce su uno dei maggiori interrogativi della storia del mondo occidentale e non solo: alcuni ricercatori dell'UBAR (Università di Bagno a Ripoli) hanno finalmente scoperto l'ingrediente segreto della coca-cola. La cosa più strana è che stavano cercando tutt'altro; "stavamo cercando la spiegazione al perché le battute dei comici di Colorado Cafè provocano ilarità nei (anche questi inspiegabili) fan del programma di Italia Uno" spiega Aldo Caccona, responsabile della ricerca in questione "ma poi tutto è andato in un'altra direzione". Sembra infatti che nel sommisitrare alcuni test al campione sperimantale, i ricercatori abbiano inavvertitamente fatto cadere qualche goccia di coca-cola sopra le carte protocollari dell'esperimento, andando a coprire la sezione dedicata alle autorizzazioni per poter agire nel rispetto delle norme deontologiche (?) e nel rispetto dei diritti del consumatore (?). "In pratica, la Coca-cola che accompagnava il mio pranzo (un panino con la porchetta acquistato dal buon venditore di fiducia), è inavvertitamente caduta sui fogli, e l'effetto che si è presentato ai nostri occhi è stato soprendente" dice Caccona, "laddove era posta la firma del dirigente, la sostanza ha creato una macchia alquanto bizzarra per forma ed odore". Il responsabile ricercatore (che non è altra cosa rispetto al ricercatore responsabile) ha descritto la macchia in questione come una figura composta da due circonferenze e da un ovale piuttosto allungato che ha indignato la comunità dei RVEC (ricercatori vegani e cattolici) che stanno facendo di tutto per invalidare la stramba metodologia in questione.
Intanto però, l'opinione pubblica e scientifica è letteralmente impazzita. Caccona si è ritirato in un bunker sicuro e (cosa che rende questo articolo praticamente inutile) ha promesso di non rivelare cosa hanno evidenziato gli studi condotti su Paint una volta scannerizzata, copiata ed incollata l'immagine fallica in questione contenente la risposta all'arcano mistero dell'ingrediente segreto della Coca-cola. 
Voci di corridoio lo danno già per morto, ucciso probabilmente dagli stessi che uccisero l'uomo ragno, ovvero "forse quelli della mala forse la pubblicità". D'altronde, rimane sempre "uno sgarro a qualche industria di caffè(ina)". 
Non lo sapremo mai, data l'impossibilità di riproporre le stesse condizioni sperimentali prima descritte (un po' perchè i fan di colorado non sono poi così tanti e un po' perché la UBAR è diventata oggi un museo di "cose che potevano andare meglio").  Rassegnamoci.

venerdì 14 giugno 2013

Il qualunque esame in una non qualunque facoltà (scuola).



 
E' il 14 giugno. Uno studente della Scuola, prima Facoltà, di Psicologia di Firenze sta studiando per il prossimo esame. Il testo in questione è "Analisi della domanda" di Carli e Paniccia (2003). La pagina è la 56, la questione qui considerata prosegue anche nella 57 (ma questo particolare non cambia lo stato delle cose, cit.).L'esame in questione è colloquio clinico.
Non si capisce quanto possa essere un esempio quello che quello studente qui sta per citare, o se si tratta di "una storia realmente accaduta e mai cambiata"; il fatto è che ciò che segue è sempre stato un ronzio fastidioso per quello studente e i suoi facinorosi compagni.
L'evidenziatore giallo la fa da padrone. Se proprio non ne volete parlare, almeno fate l'"in bocca al lupo" a quello studente.

“Siamo all’università. In una facoltà di psicologia. Pensiamo alla tipica situazione di apprendimento a scuola: l’insegnante fa lezione, conduce o organizza seminari e laboratori, ed al contempo esamina gli studenti alla fine dell’anno accademico per verificarne la preparazione. Ogni insegnante conduce il corso sulla base dei suoi interessi e della sua esperienza formativa e professionale. Manca un coordinamento tra insegnamenti, che crei un’interazione pianificata tra i vari corsi di lezione, tra esperienze seminariali e pratiche, al fine di garantire una formazione professionalizzante degli studenti. Questa carenza di coordinamento della didattica è ben radicata nella cultura della facoltà: non è condivisa, tra gli insegnanti, una vision della professione di psicologo a cui la facoltà stessa dovrebbe preparare. Molti insegnanti non hanno mai esercitato la professione di psicologo, alcuni sono completamente disinteressati alla figura professionale che dovrebbero concorrere a formare. Si realizza così un sistema formativo per sommatoria: ogni insegnante persegue un suo specifico e personale obiettivo formativo, non integrato con quello dei colleghi, nella convinzione che ciascuno possa vivere e operare in un mondo a parte, scisso da quello in cui ciascuno altro opera, magari sotto l’ombrello dell’autonomia didattica. Starà, nel migliore dei casi, agli studenti cercare un senso in quello che stanno apprendendo, in uno sforzo integrativo che, comunque, difficilmente condurrà ad una preparazione professionalizzante.”

domenica 9 giugno 2013

Lombroso ammazzali tutti!

Oggi con il Corriere della Sera c'è l'inserto La Lettura.
A pagina 4 c'è un articolo, scritto da una certa Emilia M.: si intitola "Lombroso è vivo, e lotta insieme a noi". Daje Ce'! è la mia reazione.
Vado a leggere, visto il titolo così accattivante. Emilia ci prende tutti da una parte e sottovoce dichiara che "Lombroso aveva ragione", perché i neuroscienziati hanno trovato delle differenze tra il cervello dei serial killer e le persone normali. Ci sono anche le parole di qu
alche psicologo del crimine, di quelli che vanno in tv a dire che "se la mamma non ti abbraccia quando sei piccolo, da grande poi tieni tutto dentro e quando scoppi uccidi la gente a morsi". Insomma, per vedere qualcosa di Psi in un inserto culturale ci deve per forza andare di mezzo un morto e il relativo assassino. Mai na' gioia quando si parla degli psicologi.
Gli psicologi vanno in prima pagina quando si parla di psicocazzate. Le psicocazzate vanno nei giornali, i giornali arrivano alla 'ggente. La 'ggente (non) va dallo psicologo, mentre pensa alle psicocazzate.

Lombroso è vivo e lotta insieme a noi? Non state a scomodare i morti, che c'è da mantenere in vita una disciplina e una professione.

mercoledì 5 giugno 2013

Mamma, insegnami il terrore - da Brainstorming #2



Il terrore sta nello scoprire che in pochi mesi può succedere di tutto.
 Apici di terrore su Boston e davanti al Quirinale. Rispettivamente 15 e 28 aprile.
La cosa strana del terrore è che ci arriva sempre filtrato, come una parola ambigua che vola di bocca in bocca. Crediamo di avere accesso a tutte le informazioni di tutti i Paesi di tutto il mondo. Ed effettivamente è così.  Quando l’informazione è tosta la bocca è più aperta; a volte si fa maliziosa. Il terrore è una cosa tosta e ci arriva sempre filtrato.
Il terrore sorprende l’essere umano, perché è un altro essere umano il terrorista. Si chiama terrore perché terrorizza, ferisce ed uccide. A questo punto mi faccio e vi faccio questa domanda. Il terremoto terrorizza, ferisce ed uccide quasi sempre più di un attacco terroristico; terremoto e terrore si somigliano anche fonicamente; dunque, perché non sorprende il terrore del terremoto, quanto quello dell’attacco terroristico?
La risposta è ovvia e semplice quanto interessante: perché del terremoto non si cerca il colpevole, del terrorismo invece, dopo i soccorsi, la prima cosa ad arrivare è la rivendicazione.  E se non arriva si cercano gli attentatori.
La natura non è terrorista, perché è stata indagata, analizzata, e le risposte sono state trovate: la Natura  allora non è solo terrorista, ma terrorista di natura, questo è il fatto.
L’uomo è terrorista perché ci si aspetta il buon senso, la fratellanza,
la solidarietà e l’amore tra i popoli. Ma come la Natura, anche l’uomo è stato indagato, analizzato… e le risposte? Le risposte ci sono, ma ognuno ha la sua. Dunque l’uomo non è terrorista di natura, come la Natura. L’uomo è terrorista perché non rispetta l’aspettativa.
Il paragone uomo-Natura viene alla mente per un semplice fatto di cronaca: nelle stesse ore dell’attentato di Boston, un terremoto in Iraq ha causato centinaia di morti, distrutto villaggi e dunque terrorizzato l’Oriente; ma rispetto agli eventi di Boston e del Quirinale, certo questa notizia è passata in silenzio, forse perché lontana dall’occidentalismo, forse perché non c’è un colpevole.
Inutile scrivere le conclusioni di questa riflessione; è bene lasciare la questione sospesa: ci fa molta paura il terrore, altrimenti non si chiamerebbe così, che sia terrore umano o di natura. La domanda finale presuppone un circolo ideologico infinito: l’Uomo non è forse Natura stessa? E quindi, c’è forse differenza tra il terrore che fa scalpore e quello inesorabile degli eventi naturali catastrofici?
Ps. Non sono domande retoriche,  sono domande. Punto.