martedì 12 febbraio 2013

Genio e sregolatezza

"Era un fenomeno, peccato non aveva la testa"
Questo il giudizio sui campioni sportivi che raggiungono buoni, buonissimi risultati accompagnati da una sregolatezza nei comportamenti che sfocia in una vita poco professionale, azioni impulsive (a volte violente) o nel marinare le sessioni di allenamento. Sono quelli che tirano fuori dal cilindro una performance sensazionale facendo la differenza, sia che si tratti di sport individuali che di squadra.
Tra gli esempi più celebri sicuramente il neo acquisto del Milan Mario Balotelli spesso pizzicato dai paparazzi o dalle autorità in comportamenti così così oppure protagonista di scaramucce in campo o in allenamento con compagni, avversari e allenatori.
Sempre in ambito calcistico possiamo citare anche George Best, Edmundo... Insomma atleti che fanno parlare di sé non solo per le prestazioni sportive.
Non solo nel calcio, ma anche negli altri sport conosciamo esempi di genio e sregolatezza: Koby Bryant, Mike Tyson ecc. La lista è lunga.
Viene quindi da chiedersi se con una mentalità diversa quell'atleta sregolato non possa essere ancora più vincente, se possa offrire performance migliori se si allenasse seriamente invece di perdersi in comportamenti sciocchi, a volte deplorevoli.
E' un tema che si associa benissimo al concetto di talento: Ronaldihno si allenava tre volte a settimana quando militava nel Barcellona ed era spesso sulle pagine dei giornali di gossip quando veniva beccato in festini e carnevali vari. Sarebbe stato più forte se si fosse allenato come tutti gli altri?
Il talento è un insieme di caratteristiche fisiche e mentali che ti consentono di raggiungere buonissimi risultati che gli altri raggiungono soltanto aggiungendo duro allenamento e disciplina.
Diciamo quindi: l'atleta perfetto è quello che ha un bagaglio talentuoso molto ricco e che allo stesso tempo "è il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene nelle sessioni di allenamento".
Ma potrebbe anche non essere così. La frase "è un campione, ma non ha la testa" potrebbe essere erronea di fronte al fatto che se quell'atleta non avesse quella testa (definita sregolata) non sarebbe altrettanto forte. Si sfocia quindi nel concetto di indole e personalità. Come se il prezzo da pagare per essere così forti senza fare troppi sforzi come gli altri fossero le conseguenze dei comportamenti sbagliati (a volte non solo sportivamente parlando). Non vuole questa essere una riflessione per giustificare tali comportamenti, assolutamente. E' in realtà un pensiero che inquadra l'atleta sotto un punto di vista più completo.
Reciprocamente parlando quindi, quei campioni non sarebbero stati così forti se non avessero avuto quella testa. Si tratta di una visione alternativa appunto, che integra le performance con la mentalità e non le considera come fattori disgiunti.
Quella personalità che fa eccellere il campione in ambito sportivo è anche la stessa che spesso fa cadere il campione in comportamenti discutibili, dai quali derivano il suo essere messo in discussione.
"Se avesse avuto la testa...". La testa ce l'hanno tutti. Il genio sregolato non sarebbe genio se non fosse sregolato.


venerdì 8 febbraio 2013

Cinque, La Luna e le spine - Marta sui Tubi

Quinto album dell'ormai affermato quintetto, dopo il super tour di "Carne con gli occhi" (più di cento date). L'album del debutto a Sanremo (purtroppo per alcuni, meno male per altri, me per primo).
11 tracce di un lavoro definito dalla voce Giovanni Gulino "ambizioso e sperimentale". C'è persino un brano in inglese ("Vagabond Home") e l'incontro del loro buon vecchio indie-folk-rock con la psichedelica e l'elettronica. Gli immancabili testi senza freno, amati da chi frequenta i club degli scioglilingua.Poi ancora la scabrosità del triangolo amoroso che ricorda tanto le mitologiche di "Cinestetica" o "Muratury" con il brano "Tre" (il mio preferito al primo ascolto). Insomma, i cari vecchi amati e belli da vedere e sentire Marta sui Tubi. 
Loro cantano "Che male c'è a farlo in tre?"
Ah non lo so, però posso rispondere con un'altra domanda:
"Che male c'è a vederli al festival?" 
...aspettando "Dispari" e "Vorrei", tra i fiori di Sanremo ci saranno certamente delle rose... e non c'è rosa senza spine!




Evviva un cavolo

Finalmente una psi-proposta di legge... evviva!
Evviva un cavolo.
Si sente parlare ormai da un po' di tempo della proposta di affiancare uno psicologo al medico di base. Si risparmia sui medicinali per malattie organiche i cui sintomi sono in realtà generati da un disagio strettamente psicologico, si creano (si spera) posti di lavoro per psicologi raminghi (e ce ne sono tanti). Insomma fa bene allo stato, fa bene alla professione, fa bene all'utente... (si spera).


Il problema però è un altro.
Immaginate di trovarvi nel vostro garage, dovete aggiustare un mobile e avete a disposizione molti attrezzi: martello, chiodi, sega ecc ecc. Per associazione ricordate di un amico di un amico che nella stessa situazione aveva utilizzato un attrezzo di cui sapete solo il nome e qualche vaga, vaghissima informazione... il flash back finisce lì.
Non riuscite ad aggiustare il mobile, ma per natale vi regalano quel famoso attrezzo di cui vagamente aveva parlato l'amico dell'amico. Ve lo regalano in una busta di plastica, senza istruzioni, senza disegni, però è approvato dalla comunità europea eh!
Chiedete in giro e ricevete sempre le solite informazioni, vaghe, vaghissime. Lo guardate un po' e lo scetticismo comincia a farsi largo nella vostra testa. "Vuoi vedere che st'affare è pure pericoloso?"
Lo appendete al chiodo e vi arrangiate con i classici strumenti... finirete mai di ristrutturare il vostro mobile? L'attrezzo rimane lì. Inutilizzato. Però è approvato dalla comunità europea eh!

Siamo sicuri che i dottori cui gli psicologi verranno affiancati sono al corrente di cosa fa uno psicologo? Siamo sicuri che è chiara la differenza tra uno psicologo e uno psicoterapueta? E gli utenti le sanno queste cose?

Benvenga la psi-proposta di legge... ma magari un po' di psico-educazione non guastarebbe di certo!

mercoledì 6 febbraio 2013

Parlando per assurdo

Questa è una riflessione mia, studente di psicologia, abbastanza attento alle varie dinamiche che girano intorno al luogo in cui studio. 

Separiamo innanzitutto l'assurdo dal reale. 
Il reale ci dice che un tot di studenti frequentano la facoltà di psicologia di Firenze. Affrontano prima un corso di laurea triennale e poi si iscrivono al corso di laurea magistrale. Dopo la laurea passano un anno in due strutture di tirocinio distinte (6 mesi in una, 6 mesi in un'altra) senza retribuzione. Finito il tirocinio, per diventare psicologo e iscriversi all'albo A è necessario sostenere un esame di stato con 4 prove, tre scritte e un'orale in cui vengono affrontati temi e argomenti diversi a seconda del curriculum scelto durante la formazione accademica sopra descritta (clinica, lavoro, sviluppo o sperimentale). Una volta passato l'esame di stato, per abilitarsi è necessario pagare l'iscrizione all'albo professionale degli psicologi della toscana e si ottiene quindi l'abilitazione. Yuppi. "Sono uno psicologo". 
Fin qui nulla di grave. 
Passiamo adesso alla parte dell'Assurdo (che tanto assurda purtroppo non è). 
Supponiamo per assurdo che finire il percorso di studi non dia la garanzia di essere pronti al mondo del lavoro. Lo supponiamo per moltissimi motivi, il più banale e il meno grave è quello ad esempio relativo al fatto che durante l'esame di stato, in particolare nella prova orale, la commissione può interrogare sul codice deontologico degli psicologi, che però all'università non viene insegnato. 
Sempre per assurdo, supponiamo che io, una volta abilitato alla professione di psicologo, non trovi lavoro (come psicologo) nè in una struttura privata, nè in una struttura pubblica. Supponiamo che io venga assunto (e pagato) non come come psicologo, ma come operatore (?), educatore (?), o addirittura animatore (?). 
Supponiamo che per lavorare come psicologo io debba prima diventare psicoterapeuta; debba quindi iscrivermi ad una scuola di psicoterapia dal costo minimo di 3.000 euro all'anno, della durata di 4 anni (minimo minimo 12.000 euro), perché le aziende e i vari enti preferiscono assumere uno psicoterapeuta, piuttosto che uno psicologo per fare il lavoro di psicologo. 
Ritornando un attimo al dato di realtà, le scuole di psicoterapia sono TUTTE private*, non esiste una scuola di specializzazione pubblica. 
"Per assurdo ipotizziamo" che a capo delle suddette scuole ci possano essere professori che insegnano all'università. Ipotizziamo che di fronte ad una richiesta di poter fare attività pratica degli studenti, questi professori rispondano negativamente, argomentando con scuse che vanno dalla difficoltà gestionale della cosa, agli ostacoli burocratici e amministrativi. 
Parlando per assurdo... non è che ci prendete per il culo?
Parlando per assurdo... non è che la didattica è carente perché così dopo l'esame di stato, uno psicologo necessita ancora di essere formato (nonostante la legge preveda che finito il percorso accademico, uno laureato in psicologia sia in grado di svolgere determinate attività) tanto da doversi iscrivere ad istituti privati capeggiati dagli stessi che erogano una formazione deficitaria?
Parlando per assurdo... Non è assurdo?



*Correzione, esistono alcune scuole di psicoterapia pubbliche.