Con questo post ospito un amico nella mia Isola.
Non è che mi sentissi solo,
ma nelle isole dopo un po' ci si annoia.
Uno dei cambiamenti più radicali che il passaggio all'università aveva comportato nei suoi primi periodi è stato il rito della colazione, gentilmente offerto dal padre di famiglia nel tentativo che quel rito diventasse collante tra i suoi componenti.
Ne riusciva un pasto copioso di cereali, ricolma la tazza ben oltre la soglia, come quei vulcani che spuntano dagli oceani.
Immerso in questa liturgia dell'emersione del cereale, per tanto tempo ho trascurato che il bianco fosse marrone. In fondo a me era solo una questione di gusti.
“Ce lo metto il caffè?” fu una domanda che dopo pochissimo chiamò una risposta implicita. La nozione di avere avanti una tazza di caffellatte si perse alle preoccupazioni ritardatarie di ogni mattina. Ecco quando si dice il potere del default, è sempre stato così.
D'un tratto a metà triennale mi decisi di smetterla col caffè essendo sostanza stimolante e sentendomi imbrogliare sui miei tempi naturali. Da lì in poi fu uno strazio proseguire gli studi, anche successivamente alla laurea.
Presi una botta pesante superiore ai limiti consentiti subito dopo la laurea triennale. Preparai il primo esame della magistrale con un compagno di studi infaticabile, chiusi le ferie invernali nel suo bunker personale. Lì il caffè sgorgava dai thermos e la preparazione dell'esame era militare, come se fosse l'ultimo.
Ci spesi così tante energie che ancora ne subisco gli effetti. All'attivo mi ritrovo davvero pochi esami e solo a breve proverò a varcare la soglia di metà percorso. Certo, tante cause si ritrovano nell'essermi promesso una pausa che in realtà si è rivelata essere una corsa in altre cose, come la solidarietà politica ai compagni di lotte e di venture, o come gli affetti in cui non ho potuto oppure voluto investire ma a cui ho comunque dedicato tempo considerevole.
È stato un periodo umiliante, su tutti addormentarsi alle lezioni non perché poco interessato, ma troppo, perché a un certo punto il cervello mi partiva e cominciava nel suo viaggio di analogie... oniriche. Il massimo ci fu con un corso di matematica in cui eravamo in due a seguire e metà classe si addormentava. Ringrazio la delicatezza dei compagni tutti di tenere per sé e solo tra di loro quei facili commentini sulla condizione di un uomo perennemente in conflitto tra il fare e il riposare.
Ripresi col caffè per uscire da questo inferno viola di mortificazioni. Un suo effetto l'ha avuto ma molto meno di quanto sperato. Il mio organismo subiva già gli effetti dell'assuefazione per cui non è che questa bevanda avesse tutti questi poteri eccezionali. Da quand'era diventata una seconda possibilità divenne un'abitudine saltuaria e aperiodica, una sorta di auto-convincimento che mi aiutasse a rimanere sveglio.
Bene, gli ultimi due giorni sono stati avvilenti. Un fine-settimana, quindi privo di lezioni (ormai non me ne vergogno nemmeno più), tutto nello spazio studio alla mensa di Sant'Apollonia. Come ho passato il tempo? Per la stragrande maggioranza a dormire in posizioni scomodissime sulle mie stesse braccia, tale da lasciare il segno di una testa pesante e non far passare il sangue alle appendici: perfino le mani addormentate!
Nei miei viaggi spesso troppo inerenti all'argomento che ascolto o leggo (riesco ad anticipare quello che sento o vedo) sto fabbricando il mio sogno.
Il mio sogno è che tutti abbiamo i propri tempi nel fare le proprie cose, e che non esista una imposizione alta e tragica per cui bisogna adeguarsi allo standard. Il mito della produttività e della velocità ci ha spappolato il cervello, bisogna fare tutto in fretta e al meglio altrimenti siamo fuori mercato. Beh, probabilmente il mercato è di fuori se una popolazione è costretta a drogarsi per sostenere i suoi ritmi.
Mannaggia il sistema e tutti i suoi servi.
P.S.
Tutti adesso si chiederanno come faccio a fare tante cose. È solo una questione di allenamento, di quello fatto nella spensierata vita precedente senza caffè e mostra talvolta il suo barlume. Come quando scrivi un post alle quattro di notte con un ndv, un lab, un dip, un flirt e un odg alla cds Salvemini a fine serata.
AGGIORNAMENTO
AGGIORNAMENTO
In Nucleo ci sono stato molto più del dovuto, non abbiamo potuto cominciare in tempo per vicissitudini straordinarie che hanno fatto tardare i membri e il numero legale. Una persona chiave che aveva condotto il lavoro sull'attivazione dei corsi di dottorato (forse l'unico punto su cui valeva esserci) ha fatto ancora più tardi. Salta così ogni possibilità di laboratorio di EPR.
Arrivo al Polo Scientifico di Sesto, incontro gli altri, si comincia a parlare in emergenza del Consiglio di Dipartimento successivo, MA mi accorgo di aver dimenticato l'alimentatore del portatile. Salta così ogni possibilità di Consiglio (forse poco male per com'era stato organizzato) e di flirt (male a prescindere).
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